Emilia Perez: un film che promette originalità ma inciampa in un pasticcio creativo

“Emilia Perez”, l’ultima opera di Jacques Audiard, si presenta come un esperimento cinematografico ambizioso, una miscela di musical, dramma sociale e melò. Tuttavia, il risultato finale appare disomogeneo e privo di quella forza narrativa necessaria per coinvolgere davvero lo spettatore. Un’opera che oscilla tra l’intrigante e il confuso, lasciando l’impressione di un pasticcio mal orchestrato.

Un film senza identità: musical, melò o dramma sociale?

Emilia Perez tenta di mescolare generi diversi, proponendo una narrazione che spazia tra numeri musicali minimali, melodramma sociale e riflessioni sulla transizione di genere. L’idea potrebbe apparire innovativa, ma la realizzazione lascia a desiderare: le coreografie spigolose e i brani musicali intrusivi interrompono il flusso narrativo invece di arricchirlo.

La struttura narrativa si presenta come una torta multistrato che, nonostante l’apparenza accattivante, si rivela priva di sostanza. L’esempio lampante è rappresentato dai momenti in cui il film si abbandona a canzoni estemporanee, come il curioso ritornello su una “vaginoplastica”, che si perde in un vezzo creativo poco significativo.

La trama: un intreccio di temi mal gestiti

La storia ruota attorno a Manitas Del Monte, un boss del narcotraffico (interpretato da Karla Sofia Gascon) che, sotto cure ormonali, si prepara a completare la sua transizione di genere diventando Emilia Perez. Manitas assume l’avvocatessa Rita Castro (interpretata da Zoe Saldana) per trovare una clinica che possa completare il processo di transizione.

Il film tenta di affrontare temi complessi, come l’identità di genere e le conseguenze delle guerre tra bande criminali, ma lo fa in modo disordinato e frammentario. I personaggi sembrano vivere vite parallele che raramente si incontrano in modo significativo, e le sottotrame, come il rapporto di Emilia con la ex moglie (interpretata da Selena Gomez) e i suoi figli, appaiono sbiadite e prive di mordente.

Un’opportunità mancata: il cast e le tematiche

Nonostante un cast di alto livello, il film non riesce a sfruttare appieno il potenziale dei suoi interpreti. Selena Gomez offre un’interpretazione monocorde, mentre il personaggio di Rita Castro, inizialmente centrale, si perde in un finale action-gangster che sembra più grottesco che drammatico.

La performance di Karla Sofia Gascon, generosa e sincera, è uno dei pochi punti di forza del film. Tuttavia, anche il suo personaggio viene schiacciato da una sceneggiatura che oscilla tra l’ilarità involontaria e una melensa introspezione.

Una regia senza grazia e misura

Jacques Audiard, regista acclamato per film come Un sapore di ruggine e ossa e I fratelli Sisters, sembra smarrire la sua solita eleganza narrativa. La regia di Emilia Perez manca di quella urgenza cinematografica che caratterizza le sue opere migliori, risultando priva di grazia e misura.

La transizione di genere, che dovrebbe rappresentare il cuore emotivo del film, viene trattata con una superficialità disarmante. Il risultato è una rappresentazione che oscilla tra spregiudicatezza ilare e una isteria melensa, senza mai trovare un punto di equilibrio.

Un film che delude le aspettative

Emilia Perez tenta di proporsi come un’opera innovativa e audace, ma il risultato finale è un pasticcio che manca di sincerità e coerenza narrativa. Nonostante la confezione visiva impeccabile e il tentativo di affrontare temi rilevanti, il film finisce per essere impalpabile, un segno di un cinema autocelebrativo che, invece di osare davvero, rimastica su se stesso.

Come un film del genere possa ambire agli Oscar è difficile da comprendere, ma rappresenta il segno di un panorama creativo che sembra sempre più orientato a privilegiare la forma sulla sostanza.

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